Diario tra le pieghe

LA CHIESA DIETRO LE SBARRE

Penso che, attraverso le sbarre, si possa vedere.
C’è una differenza importante tra il nostro pensiero e la realtà delle cose, quando si parla di carcere. Abbiamo visto così tanti telefilm e così tante prigioni, in tv, che ce ne siamo fatti uno stereotipo inesatto e quasi poetico. Mi ha molto colpito la via crucis del Papa in questa Pasqua 2020, le cui riflessioni erano affidate a detenuti e operatori carcerari.
Ho avuto la fortuna di lavorare molto in quella piazza, vedendola piena di centinaia di migliaia di persone. Ora, in quel vuoto assoluto, ogni parola aveva un senso ancor più profondo e intenso.
Quanta angoscia, quanta sofferenza trasparivano da quelle parole, testimonianze dolorose di chi ha capito le sue azioni solo dopo essere stato rinchiuso. Il carcere per noi dovrebbe rappresentare non solo espiazione ma anche prevenzione: sapere cosa ci aspetta dovrebbe farci pensare a ogni conseguenza del nostro agire.
Ci auguro, dopo settimane di “arresti domiciliari, reclusione forzata, costrizione casalinga, allontanamento sociale” e ogni frase che ci siamo dette in questi giorni, di capire quanto vale la nostra libertà. E la libertà degli altri.
A chi va in prigione siamo soliti cambiargli nome per sempre: diventa “il carcerato”, pur se ha scontato la sua pena.

Il tempo chiusi in casa, pur senza colpe da espiare, ci aiuterà a sapere chi siamo?